Parliamone insieme

Servizio del Settore Psicoterapia del Centro Benedetta d’Intino Onlus

Crescere con i bambini oggi tra genitorialità ed educazione

Responsabile del progetto: dott.ssa Sara Micotti

 

Che cos’è “Parliamone insieme”? Diventare genitori è un’esperienza straordinariamente importante, che genera gioia ed entusiasmo e, periodicamente, sentimenti d’incertezza, grande fatica, solitudine.

In alcuni momenti di crisi nel percorso di crescita dei figli, può venire meno nei genitori il contatto con figure esterne e interne che li sostengano e li incoraggino. Spesso oggi sono insufficienti le occasioni di confronto e di scambio tra le famiglie con figli, bambini e preadolescenti.

Sembra allora importante creare occasioni d’incontro con i genitori, per aiutarli a far emergere le capacità di cui spesso non sono consapevoli e di cui hanno bisogno per diventare genitori a pieno titolo; cercare ogni tipo di alleanza possibile tra madri e padri e il mondo dell’educazione, della scuola, della cura. Aiutare i genitori a lavorare sulle loro competenze “conosciute” ma non ancora “pensate”.

Da questa sfida e dall’esperienza emersa nei tavoli di lavoro, aggiornamento e confronto con pediatri, insegnanti e operatori della prima infanzia organizzati nel corso degli anni dalle psicoterapeute del Centro Benedetta D’Intino onlus, ha preso forma il progetto PARLIAMONE INSIEME che oggi, grazie all’interesse riscontrato nelle precedenti edizioni, è giunto al suo sesto anno di attività.

 

La proposta è quella di offrire a futuri genitori, insegnanti, al personale della scuola, a psicologi e ai pediatri interessati ai temi dell’età evolutiva, un ciclo di incontri dallo stile informale e aperto della durata di un’ora e mezza ciascuno. Gli appuntamenti sono condotti da psicoterapeuti esperti nell’età evolutiva e da pediatri, talvolta accompagnati da un artista che dà voce a fiabe e  letture ispirate da alcuni dei temi proposti. Gli incontri sono  un’occasione di dialogo e confronto per riflettere e comprendere il mondo interno del bambino e le problematiche legate allo sviluppo del corpo e della mente.

 

 

Temi da 0 a 7 anni

  1. Nascita, primo distacco, primi legami
  2. Dal lettone al lettino: i libri della buonanotte
  3. Aaam … buona la pappa!
  4. Orizzonte papà: l’importanza del padre nel percorso evolutivo
  5. “Ti ho detto di no!”. E’ tempo di limiti/Contenimento e regole
  6. Ho paura dei mostri
  7. Mamma e papà nelle fiabe
  8. Come contenere l’aggressività dei bambini
  9. “Tu e io”: come i fratelli aiutano a crescere
  10. Come stare vicino al bambino ammalato
  11. Ingresso nella scuola dell’infanzia: separazione e nuovi legami
  12. Inizia la scuola primaria: vivere bene tra paure, separazioni, nuove autonomie

 

Temi da 8 a 14 anni

  1. Dov’è finito il nostro bambino?
  2. “E’ il mio corpo che cambia nella forma e nei colori…”(Litfiba)
  3. Condividiamo le regole
  4. Il preadolescente e la famiglia
  5. Il preadolescente e i compagni: la nascita del gruppo
  6. A scuola con piacere: il preadolescente e l’apprendimento
  7. “Stand up speak out!” Bambini e ragazzi imparano un nuovo diritto – dovere

 

 

Temi da 0 a 7 anni – alcuni abstract

 

  1. Dal lettone al lettino: i libri della buonanotte

Sonno profondo, sonno leggero (REM), veglia quieta, veglia attenta, irrequietezza, pianto: sono i sei stati di base che il bambino appena nato sperimenta e tra i quali deve imparare a orientarsi. All’inizio, quando il sistema nervoso centrale è più immaturo, questi stati sono delineati poco chiaramente. Un ambiente ben strutturato e organizzato aiuta il neonato ad auto-regolarsi, a imparare a controllare i suoi stati organici di base e ad allungare sia gli stati di sonno sia quelli di veglia attiva. Se il neonato è impegnato a orientarsi tra i suoi stati di base e le sue sensazioni, il bambino un po’ più grande è impegnato a conoscere le paure, le emozioni, i sentimenti che vive con intensità e che non sa ancora capire e modulare. Il genitore può aiutare il bambino nell’orientarsi e nel misurarsi con le proprie emozioni. Da sempre, le fiabe sono un valido aiuto per i genitori: introducono la riflessione sui temi che i loro bambini hanno ben presenti perché li stanno vivendo. La paura dell’abbandono quando si distaccano dalla madre; la gelosia per una nuova nascita; l’ansia che può scatenare una disubbidienza, un “no”, un normale rimprovero; il timore di venire dimenticati se mostrano nuove autonomie e capacità. Incontrare esperienze forti, anche crudeli, matrigne, orchi, regine cattive, fate, intrepidi cacciatori non confonde, non indebolisce i nostri bambini, ma li aiuta a conoscere in tutti i loro colori le emozioni più vere che abitano la loro mente. Ogni volta che un genitore racconta una fiaba trasmette la propria conoscenza del mondo emotivo e permette al suo bambino di non sentirsi solo ad affrontare il lato oscuro della vita. In quest’atmosfera, sarà più facile dormire serenamente.

 

  1. Aaam…buona la pappa!

Un bambino con un buon appetito rende la mamma e il papà felici e ottimisti. In questo modo sembra esprimere armonia e curiosità per la vita, apprezzamento per le cose buone, le attenzioni, l’affetto che gli vengono offerti. Tutti i genitori desiderano vedere i loro figli mangiare con appetito, ma ci sono periodi dello sviluppo in cui i bambini sembrano assolutamente confusi riguardo al nutrirsi. La nutrizione è un’attività complessa: l’allattamento al seno, con il biberon o l’uso del cucchiaino sono una forma di dialogo tra due persone, con un ritmo da creare, in un’alternanza di suzione e di pause. Un dialogo che prende forma ben prima della conquista del linguaggio. Il rifiuto del cibo o l’ingordigia non costituiscono necessariamente un disturbo e sono assai comuni in tre momenti critici dello sviluppo del bambino: all’inizio dell’allattamento, all’epoca dello svezzamento, che spesso coincide con la comparsa dell’angoscia dell’estraneo (7-9 mesi), e poi tra il secondo e il terzo anno di vita, nel periodo di passaggio verso l’autonomia. Il rifiuto del cibo o l’ingordigia diventano un disturbo solo quando si cronicizzano. Capire le emozioni e i fraintendimenti che si generano nel momento della pappa e che talvolta lo rendono così difficile da affrontare è importante per aiutare i propri figli a crescere sereni. Da sempre, i racconti, le ninnenanne, le fiabe aiutano in modo indiretto i bambini a capire le proprie sensazioni ed emozioni. La paura di morire di fame e la paura di essere mangiati sono le angosce più primitive nella storia dell’uomo: Hänsel e Gretel vengono abbandonati in un bosco per povertà di cibo, la casetta di marzapane non è una buona soluzione; Cappuccetto Rosso pensa di avere davanti la nonnina, invece è un lupo feroce che se la mangia; Cenerentola patisce l’esclusione da feste e tavole imbandite… Incontrare esperienze forti – anche crudeli – non confonde, non indebolisce i nostri bambini, ma li aiuta a conoscere in tutti i loro colori le emozioni più vere che abitano la loro mente. Ogni volta che un genitore racconta una fiaba trasmette la propria conoscenza del mondo emotivo e permette al suo bambino di non sentirsi solo ad affrontare il lato oscuro della vita. In quest’atmosfera, sarà più facile nutrirsi serenamente.

 

  1. “Ti ho detto no!” E’ tempo di limiti

“Ti ho detto no!” Quante volte ci si trova a ripeterlo? I comportamenti di sfida, i capricci e le bizze possono mettere a dura prova la pazienza di mamma e papà. I bambini crescono e dare loro delle regole rappresenta uno scoglio contro il quale tutti i genitori, prima o poi, si scontrano. Per paura di frustrare i bambini spesso si rinuncia a dire no, ma insegnare a rispettare le regole rappresenta un passaggio fondamentale, che aiuta il piccolo a conoscere i confini tra sé e l’altro, a gestire l’ansia, a controllare i propri impulsi e a godere di ciò che può ottenere. Il bambino ha bisogno di limiti e ne trae conforto, anche se accettarli è un cammino faticoso, che si può compiere proprio in nome del legame tra il piccolo e i suoi adulti di riferimento. Rifletteremo insieme sull’importanza di questo percorso e su come esso possa generare emozioni difficili sia nell’adulto che nel bambino. Cercheremo di comprendere perché i bambini si arrabbiano, quali modalità adottano per comunicare il proprio malessere e quando questi segnali nascondono un disagio più profondo, e discuteremo di come la non accettazione del limite possa generare difficoltà crescenti nella crescita del bambino prima e dell’adolescente poi.

 

  1. “Ho paura dei mostri”

La crescita del bambino è caratterizzata da fasi dello sviluppo che implicano importanti trasformazioni sul piano fisico, cognitivo, comportamentale ed emotivo. Tali cambiamenti non influenzano solo lo sviluppo del bambino, ma rappresentano per il genitore nuove sfide da affrontare. Ogni fase del cambiamento verso nuovi traguardi fisici o mentali richiede un grande sforzo di adattamento. Paure, incertezze, vissuti di perdita albergano nella mente del bambino. Le paure non sono dunque patologiche ma accompagnano il normale e sano processo evolutivo. La paura è un’intensa emozione derivata dalla percezione di un pericolo reale o immaginato ed è la nostra emozione di difesa più importante che ci aiuta ad affrontare le difficoltà e a difenderci dai rischi. Mostri, streghe, fantasmi, animali feroci e personaggi immaginari terrifici si prestano nella vita fantastica a dare espressione a questi vissuti paurosi permettendo al bambino di controllare le angosce grazie allo spostamento di questi sentimenti dal mondo della realtà al mondo della fantasia. Per mezzo dell’immaginazione il bambino può esplorare le sue paure in ambito sicuro ed a una certa distanza.

Aiutare il bambino da parte dei genitori significa riconoscere, accogliere, contenere le sue paure attraverso l’ascolto, il gioco e il racconto di storie. E’ in questo modo che il bambino si può sentire compreso e sostenuto nel suo percorso di crescita.

 

  1. Mamma e papà nelle fiabe

I tre porcellini vengono allontanati dalla casa dei genitori perché sono nati altri piccoli; Hansel e Gretel vengono abbandonati in un bosco; Cappuccetto Rosso pensa di avere davanti la nonnina che invece è un lupo feroce; Peter Pan, dopo le scorribande nei giardini di Kensington, torna a casa sperando di essere accolto a braccia aperte dalla madre ma scopre la finestra chiusa e un altro bambino addormentato nel suo letto. Le fiabe sono un valido aiuto per i genitori: introducono la riflessione sui temi che i loro bambini hanno ben presenti perché li stanno vivendo. La paura dell’abbandono quando si distaccano dalla madre; la gelosia per una nuova nascita; l’ansia che può scatenare una disubbidienza, un “no”, un normale rimprovero; il timore di venire dimenticati se mostrano nuove autonomie e capacità. E’ importante scegliere bene le fiabe che raccontiamo ai nostri bambini, scegliere quelle che li aiutano a crescere. Incontrare esperienze forti, anche crudeli, matrigne, orchi, regine cattive, fate, intrepidi cacciatori non confonde, non indebolisce i nostri bambini, ma li aiuta a conoscere in tutti i loro colori le emozioni più vere che abitano la loro mente. Quando un genitore racconta – con passione e ironia – una fiaba al suo bambino, gli testimonia e gli trasmette la propria conoscenza del mondo emotivo, e gli permette di non sentirsi solo ad affrontare le sue paure.

 

  1. “Tu ed io”: come i fratelli aiutano a crescere.

Fratello mio, se sei così lo devi a me.”

Così titolava un articolo recentemente apparso su una rivista italiana, facendo riferimento al rapporto con i propri “pari”. E sono sempre più i giornali che trattano di questo argomento, quale il significato dell’essere primo o secondogeniti, vantaggi e svantaggi dell’essere figli unici, fratelli e sorelle di personaggi importanti che si raccontano alla luce di questo legame…. E così via.

Già, ma com’ è la vita di un fratello e con un fratello? Quali sono i sentimenti e le emozioni che alimentano e si sviluppano all’interno di una relazione fraterna? E’ inevitabile che la nascita di un fratello sia vissuta in modo catastrofico, alimentando solo gelosia e rifiuto? Qual è l’aiuto che si può dare ai genitori per riconoscere e gestire le dinamiche a volte difficili e complesse che si possono generare tra i fratelli e all’interno della famiglia? La rivalità fraterna e il confronto più o meno conflittuale sono sentimenti certamente presenti e in alcuni casi prevalenti ma, a fianco di questi ve ne sono altri estremamente importanti che arricchiscono e potenziano in modo fondamentale lo sviluppo emotivo del bambino. Il legame fraterno è dunque un legame vitale, parte integrante della costellazione familiare non solo nella costruzione dell’identità personale ma anche nello sviluppo delle relazioni con i compagni, e della conseguente futura capacità di condivisione e di socializzazione. Importante è anche il ruolo che hanno i genitori, a loro volta portatori di un’esperienza pregressa come figlio unico, fratello o sorella, nel gestire questo legame, favorendolo o, in alcuni casi, condizionandolo, seppure inconsciamente.

 

“La voce dell’adulto: tra ascolto e autorità”

“Ti ho detto no!” Quante volte ci si trova a ripeterlo? I comportamenti di sfida, i capricci e le bizze possono mettere a dura prova la pazienza di mamma e papà. I bambini crescono e dare loro delle regole rappresenta uno scoglio contro il quale tutti i genitori, prima o poi, si scontrano. Per paura di frustrare i bambini spesso si rinuncia a dire no, ma insegnare a rispettare le regole rappresenta un passaggio fondamentale, che aiuta il piccolo a conoscere i confini tra sé e l’altro, a gestire l’ansia, a controllare i propri impulsi e a godere di ciò che può ottenere. Il bambino ha bisogno di limiti e ne trae conforto, anche se accettarli è un cammino faticoso, che si può compiere proprio in nome del legame tra il piccolo e i suoi adulti di riferimento. Rifletteremo insieme sull’importanza di questo percorso e su come esso possa generare emozioni difficili sia nell’adulto che nel bambino. Cercheremo di comprendere perché i bambini si arrabbiano, quali modalità adottano per comunicare il proprio malessere e quando questi segnali nascondono un disagio più profondo, e discuteremo di come la non accettazione del limite possa generare difficoltà crescenti nella crescita del bambino prima e dell’adolescente poi.

 

La voce del bambino piccolo: io voglio, io vorrei

La crescita del bambino è caratterizzata da fasi dello sviluppo che implicano importanti trasformazioni sul piano fisico, cognitivo, comportamentale ed emotivo. Tali cambiamenti non influenzano solo lo sviluppo del bambino, ma rappresentano per il genitore nuove sfide da affrontare. Ogni fase del cambiamento verso nuovi traguardi fisici o mentali richiede un grande sforzo di adattamento. Paure, incertezze, vissuti di perdita albergano nella mente del bambino. Le paure non sono dunque patologiche ma accompagnano il normale e sano processo evolutivo. La paura è un’intensa emozione derivata dalla percezione di un pericolo reale o immaginato ed è la nostra emozione di difesa più importante che ci aiuta ad affrontare le difficoltà e a difenderci dai rischi. Mostri, streghe, fantasmi, animali feroci e personaggi immaginari terrifici si prestano nella vita fantastica a dare espressione a questi vissuti paurosi permettendo al bambino di controllare le angosce grazie allo spostamento di questi sentimenti dal mondo della realtà al mondo della fantasia. Per mezzo dell’immaginazione il bambino può esplorare le sue paure in ambito sicuro ed a una certa distanza.

Aiutare il bambino da parte dei genitori significa riconoscere, accogliere, contenere le sue paure attraverso l’ascolto, il gioco e il racconto di storie. E’ in questo modo che il bambino si può sentire compreso e sostenuto nel suo percorso di crescita.

 

 

Temi da 8 a 14 anni – alcuni abstract

 

  1. Dov’è finito il nostro bambino?

In un periodo denso di cambiamenti come la preadolescenza si trovano spiazzati non solo i bambini alle prese con un corpo che si modifica rapidamente e inaspettatamente, ma anche i loro genitori che improvvisamente si trovano di fronte dei ragazzini dai comportamenti incomprensibili e imprevedibili. I capricci di una volta diventano autentiche ribellioni. L’adorabile bambino che sogna di compiacere mamma e papà si trasforma in un irriverente ragazzino che desidera prima di tutto contraddire i suoi genitori o provocare gli insegnanti. Il contatto fisico viene evitato tenacemente, in difesa di uno spazio intimo e personale in cui i genitori non possono più entrare. Ed ecco che mamma e papà, così abituati al richiamo del loro piccolo “mamma mi guardi?”, devono imparare a rispettare porte chiuse, frasi sussurrate agli amici o richieste di autonomia sempre maggiori. Per poi, in altri momenti, ritrovarsi un cucciolo impaurito, ma stavolta molto più alto, che chiede il bacio della buona notte e le coccole della mamma. A volte gli adulti si sentono sconcertati, esclusi, irritati o nostalgici e addolorati per la “perdita” del bambino che non c’è più. Queste emozioni, aggiunte alla preoccupazione di “non fare la cosa giusta”, possono toccare un’intensità tale da preoccupare profondamente i genitori. Ed ecco mamme agguerrite trasformarsi in abili detective, pronte a scoprire ogni traccia per controllare movimenti e pensieri di questo nuovo essere alla ricerca di una sua identità. Talvolta aspettare con sguardo attento e paziente che sia il figlio a esprimere se stesso e i suoi bisogni senza anticiparlo, sembra il compito più arduo per i genitori di oggi. E talvolta possono essere i luoghi di incontro e riflessione ad aiutare genitori e insegnanti a contenere le ansie sulla crescita dei ragazzi e a farli sentire meno soli nel loro difficile compito.

 

  1. E´il mio corpo che cambia nella forma e nei colori…” (Litfiba)

Il corpo che cambia nelle forme e nei colori è il corpo dei preadolescenti che attraverso la pubertà si prepara per la riproduzione. Tutto ciò avviene più o meno per tutti nella fascia di età tra i 10 e i 13 anni.

E’ l’ età che fa da ponte, si potrebbe dire, fra l’ infanzia e l’ adolescenza, definita a volte come “terra di mezzo“ o “terra di nessuno”. Forse perché tutte le trasformazioni scorrono silenziose nell’ apparente indifferenza di tutti. Eppure, improvvisamente si sentono gli adulti, genitori e insegnanti, dire “Dov’ è il mio bambino non lo riconosco più”, oppure: “Come sono cresciuti, così in fretta”.

Il nuovo corpo comporta una crisi di identità, una nuova immagine di sé, un nuovo modo di rapportarsi con i coetanei e gli adulti. Il termine riproduzione evoca lo sviluppo sessuale e quindi il definirsi di un’ identità sessuale. Il carico di emozioni, paure e a volte angosce, che questo sviluppo comporta per i preadolescenti, mette a dura prova anche gli adulti che devono tenere a bada anche la personale crisi che la „perdita“ del proprio bambino comporta. I cambiamenti corporei influenzano profondamente l´adattamento psicologico. Conoscere le tappe principali di questa trasformazione aiuta gli adulti ad accogliere, sostenere ed accompagnare i ragazzi in questo delicato percorso riscoprendo le proprie competenze genitoriali e ritrovando il piacere di essere figure di riferimento in un epoca di grandi incertezze.

 

  1. “Condividiamo le regole”

L´inserimento nella scuola primaria costituisce un passaggio importante e nello stesso tempo delicato nella vita di ogni bambino. Passare dalla scuola dell’infanzia alla scuola elementare significa entrare in una realtà molto più organizzata da regole condivise. Comprendere accettare e interiorizzare le regole comporta uno sforzo di adattamento che può richiedere molto tempo.

Per poter condividere le regole occorre che i bambini abbiano raggiunto determinate tappe evolutive prime tra queste aver raggiunto maggiore autonomia, consapevolezza di sé e degli altri e quindi la capacità di riconoscere i confini. I genitori possono aiutare i propri figli in questi processi di crescita rispettando a loro volta le regole proposte dagli insegnanti. Per paura di frustrare i bambini spesso si rinuncia a dire no, ma insegnare a rispettare le regole rappresenta un passaggio fondamentale, che aiuta il piccolo a conoscere i confini tra sé e l’altro, a gestire l’ansia, a controllare i propri impulsi e a godere di ciò che può ottenere. Il bambino ha bisogno di limiti e ne trae conforto, anche se accettarli è un cammino faticoso, che si può compiere proprio in nome del legame tra il piccolo e i suoi adulti di riferimento. Rifletteremo insieme sull’importanza di questo percorso e su come esso possa generare emozioni difficili sia nell’adulto che nel bambino. Cercheremo di comprendere perché i bambini si arrabbiano, quali modalità adottano per comunicare il proprio malessere e quando questi segnali nascondono un disagio più profondo, e discuteremo di come la non accettazione del limite possa generare difficoltà crescenti nella crescita del bambino prima e dell’adolescente poi.

Il rispetto delle regole contribuisce a creare ordine e sistematicità mentale, così da poter creare le condizioni ottimali per assimilare le nozioni cognitive inoltre educa anche alla legalità, alla sicurezza e alla convivenza civile, valori che se pur considerati persi nella nostra società, necessitano urgentemente di essere recuperati.

 

  1. Il preadolescente e i compagni: la nascita del gruppo

Prendere le distanze giuste per diventare se stessi è un’arte che dura tutta la vita ma che va praticata presto.                                                                                     da «Jack Frusciante è uscito dal gruppo»

 

Domande sull’identità: “chi sono?”, “come sono?”, sull’amicizia, sull’amore…

Nel passaggio dall’infanzia alla preadolescenza si ha il primo vero ingresso nella società: non più la famiglia, ma gli amici rappresentano il riferimento principale. Il gruppo diviene fonte di soddisfazioni e delusioni che assumono spesso toni intensi e cocenti. Cambiano i sentimenti, il modo di vivere le emozioni e le relazioni. Cambiano le priorità e l’amicizia sale in testa alla classifica delle cose importanti. Si passa dalla fase dell’amico dello stesso sesso, al piccolo gruppo di amici e, più avanti, al rapporto di coppia.

Negli anni della scuola primaria la dimensione relazionale comincia a essere molto importante e ciò che fanno gli altri bambini assume molta rilevanza. Innanzitutto, condividere interessi e attività con i compagni fa sentire più al sicuro nel mondo esterno; in secondo luogo è un modo per dimostrare di non essere più “i piccoli della mamma”. Questo è anche il momento in cui i bambini possono imparare a distinguere i momenti per stare in gruppo, e uniformarsi alle regole e alle richieste del mondo esterno alla famiglia, dai momenti in cui essere diversi dalla maggioranza, decidendo in autonomia.

Dire “no” al proprio figlio che fa una richiesta molto lontana dai suoi desideri e interessi unicamente per uniformarsi al gruppo può insegnargli a prendere una posizione personale, diversa dai compagni.

In futuro tale capacità potrà rappresentare una risorsa per resistere alla pressione dei pari e magari saper dire “no” facendo valere il proprio punto di vista.

Il gruppo è per il preadolescente l’importante punto di riferimento con cui confrontarsi circa la “normalità” della propria crescita, con cui “verificare”, tramite l’approvazione o la disapprovazione, i cambiamenti fisici e psichici in atto. Le spiegazioni dei genitori non soddisfano più, mentre i valori del gruppo dei pari assumono un valore assoluto. Attraverso l’appartenenza al gruppo il preadolescente sperimenta da un lato il contenimento delle ansie di separazione dalla famiglia, dall’altro la nascita di una nuova identità sociale. Squillini, sms, social network sono segnali evidenti del bisogno dei ragazzi di rima-nere sempre in contatto. Perché solo così, attraverso questa forma di comunicazione, spesso incomprensibile per i genitori, riescono a creare, a trovare un “mezzo proprio” che li traghetti verso la maturità.

 

  1. A scuola con piacere. Il preadolescente e l´apprendimento

Il passaggio dalla scuola primaria alla scuola secondaria di primo grado, comporta un cambiamento che segna il passaggio dall’infanzia alla preadolescenza. La preadolescenza con lo sviluppo del corpo, il non sentirsi più bambino all’interno della famiglia, l´aumentare dell’ importanza dei coetanei e del gruppo è caratterizzata   anche da un cambiamento cognitivo ed intellettuale.

Il pensiero diviene più logico e formale il ragionamento più maturo e razionale. Nascono nuovi interessi e la curiosità per il mondo esterno si accentua, dando luogo al bisogno di conoscere cose nuove. Apprendere o accogliere nuove conoscenze può diventare così un piacere, ciò significa che la sfera cognitiva non può essere disgiunta da quella emotiva e affettiva relazionale e dall’andamento dello sviluppo psicosessuale. La scuola può diventare così un luogo nel quale il preadolescente sperimenta la possibilità di crescere, progettando il proprio futuro, scoprendo competenze e potenzialità nuove. Diviene indispensabile per i giovani, ai fini della motivazione e aspirazione a “diventare grandi” trovare negli insegnanti, degli adulti di riferimento, che con la loro cultura esperienza di vita contribuiscono ad allargare ed arricchire il loro mondo. La famiglia, che in questa fase della crescita, diviene sempre più un luogo stretto non è per questo meno importante. E´fondamentale infatti che i genitori credano e sostengano le passioni, i punti di vista, i nuovi interessi dei propri figli per aiutarli a crescere esprimendo la propria personalità che resta un obiettivo fermo e indispensabile per ogni individuo per potersi integrare “felicemente” in una società in continuo cambiamento e caratterizzata da nuove problematicità. Questa fase della vita risulta ancora più importante se si pensa che essa prepara ad un nuovo importante passaggio, quello dalla scuola media inferiore alla superiore che segna l’ esordio dell’ adolescenza e l’entrata nel mondo degli adulti.

 

  1. “Stand up and speak out”! Bambini e ragazzi imparano un nuovo diritto e dovere

I cambiamenti rapidi della società richiedono agli individui nuove competenze, come flessibilità, creatività ma anche capacità di organizzarsi per essere autonomi e competitivi. Da più parti viene denunciata la necessità di recuperare i valori che fondano la società civile. Si rende così necessario introdurre nelle scuole nuovi metodi educativi che insegnino a bambini e ragazzi, oltre al rispetto delle regole, a partecipare attivamente, saper ascoltare ed esprimere il proprio pensiero, proporre, criticare confrontarsi in modo costruttivo. E´necessario, per questo, aver ben chiaro cosa significhi educare ad una competitività costruttiva senza che questo comporti prevaricazione dell` altro e violenza.

Il contributo della psicologia e della psicoanalisi pone l’accento sull’importanza dello sviluppo dell’autostima, della sicurezza e consapevolezza di sé. Concetti questi di base per il consolidarsi dell’identità e della personalità, durante tutto l´arco dell´età evolutiva. Non alzarsi e non parlare significa avere un atteggiamento passivo, remissivo e sottomesso nei confronti di chi esercita autoritarismo. L’autoritarismo si fonda su di un rapporto di potere, introduce la diade vittima-aguzzino e fa uso della paura. Educare al valore del rispetto reciproco nella relazione insegnante-allievo e genitore-figlio, accettare che chi si trova in una situazione considerata più “debole” abbia anche dei diritti e non solo dei doveri rende queste relazioni più efficaci ed efficienti oltre che autentiche.

Alzarsi e parlare, denunciare un sopruso od un abuso, si rende per i minori ancora più importante nei casi di bullismo e abusi sessuali o di altro genere, determinante allora diventa trovare degli adulti pronti ad accogliere ascoltare, aiutare e tutelare sia nella scuola sia in famiglia.

 

 

 

La nascita del gruppo: stop al bullismo

Prendere le distanze giuste per diventare se stessi è un’arte che dura tutta la vita ma che va praticata presto.                                                                                     da «Jack Frusciante è uscito dal gruppo»

 

Domande sull’identità: “chi sono?”, “come sono?”, sull’amicizia, sull’amore…

Nel passaggio dall’infanzia alla preadolescenza si ha il primo vero ingresso nella società: non più la famiglia, ma gli amici rappresentano il riferimento principale. Il gruppo diviene fonte di soddisfazioni e delusioni che assumono spesso toni intensi e cocenti. Cambiano i sentimenti, il modo di vivere le emozioni e le relazioni. Cambiano le priorità e l’amicizia sale in testa alla classifica delle cose importanti. Si passa dalla fase dell’amico dello stesso sesso, al piccolo gruppo di amici e, più avanti, al rapporto di coppia.

Negli anni della scuola primaria la dimensione relazionale comincia a essere molto importante e ciò che fanno gli altri bambini assume molta rilevanza. Innanzitutto, condividere interessi e attività con i compagni fa sentire più al sicuro nel mondo esterno; in secondo luogo è un modo per dimostrare di non essere più “i piccoli della mamma”. Questo è anche il momento in cui i bambini possono imparare a distinguere i momenti per stare in gruppo, e uniformarsi alle regole e alle richieste del mondo esterno alla famiglia, dai momenti in cui essere diversi dalla maggioranza, decidendo in autonomia.

Dire “no” al proprio figlio che fa una richiesta molto lontana dai suoi desideri e interessi unicamente per uniformarsi al gruppo può insegnargli a prendere una posizione personale, diversa dai compagni.

In futuro tale capacità potrà rappresentare una risorsa per resistere alla pressione dei pari e magari saper dire “no” facendo valere il proprio punto di vista.

Il gruppo è per il preadolescente l’importante punto di riferimento con cui confrontarsi circa la “normalità” della propria crescita, con cui “verificare”, tramite l’approvazione o la disapprovazione, i cambiamenti fisici e psichici in atto. Le spiegazioni dei genitori non soddisfano più, mentre i valori del gruppo dei pari assumono un valore assoluto. Attraverso l’appartenenza al gruppo il preadolescente sperimenta da un lato il contenimento delle ansie di separazione dalla famiglia, dall’altro la nascita di una nuova identità sociale. Squillini, sms, social network sono segnali evidenti del bisogno dei ragazzi di rima-nere sempre in contatto. Perché solo così, attraverso questa forma di comunicazione, spesso incomprensibile per i genitori, riescono a creare, a trovare un “mezzo proprio” che li traghetti verso la maturità.

 

 

 

Giornata di studio “Transiti tra corpo e mente. Bambini, adolescenti e genitori, in ospedale”

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